Attilio Ferraris, il primo capitano 

a cura di Riccardo Rizzo del Roma Club Florida

Ferraris IV, natio di Borgo, i tre fratelli maggiori giocavano al football, il padre di origini piemontesi aveva un negozio di bambole a Via Cola di Rienzo, madre casalinga e casa troppo piccola per una famiglia di 10 persone; c’erano anche quattro sorelle.  

Sin dai 5 anni di età, Attilio passava le sue giornate tra la scuola ed il campo della Fortitudo che era diventato la sua seconda casa. Nel 1922, all’età di 18 anni, viene tesserato in prima squadra e, dopo aver dimostrato subito il proprio talento, diventa capitano.  

Amato e protetto da tutti, aveva un feeling speciale con i bambini, che lo seguivano durante gli allenamenti, ed Attilio ricambiava questa passione regalandogli palloni, magliette e biglietti per assistere alle partite la domenica.  

Nel Marzo del 1925 ebbe un serio infortunio, tanto che dovette passare la convalescenza a casa per parecchie settimane. Durante quei giorni avvenne un autentico pellegrinaggio di amici, tifosi e ammiratori che gli portavano il loro conforto. Questa moltitudine di gente fu così numerosa che il portiere dello stabile di casa di Tilio dovette regolare il “traffico” in entrata ed uscita. Chissà se il Santo Padre, che viveva a pochi passi da Casa Ferraris, non si sentì scavalcato, vedendo quella folla che andava compatta a rendere omaggio all’astro nascente del calcio italiano? 

Il nostro Attilio non era amato solo per il suo carattere ed altruismo. In campo era un giocatore poliedrico: terzino, mediano, metodista ma all’occorrenza anche stopper. Era già avanti rispetto ai suoi “colleghi” di reparto che all’epoca correvano e picchiavano, lui impostava dal basso, dando respiro alla manovra, con una visione di gioco non indifferente per quei tempi di calcio pionieristico. 

Dopo un pressante interessamento della Juventus alla quale fu dato il “2 di picche”, Ferraris IV nel 1927 diventa il primo Capitano della A.S. Roma, a votazione unanime di tutto lo spogliatoio, la FASCIA è sua, rimarrà al suo braccio per ben 7 anni. Il 29 Luglio 1928 arriva subito il primo trofeo per la compagine capitolina: la Coppa Coni. La Roma batte in finale in campo neutro a Firenze (al Velodromo Libertas, 10.000 spettatori) il Modena per 2 a 1 dopo i tempi supplementari. 

Sempre nel 1928, il C.T. della Nazionale di Calcio, Augusto Rangone, si accorge di lui, durante il campionato del 1928, Rangone verrà ben 5 volte a Roma per visionarlo; il suo coraggio, la sua classe cristallina ma soprattutto il rispetto dei suoi compagni convinsero il C.T a convocarlo per i Giochi della IX Olimpiade di Amsterdam.  

Fu proprio nei Paesi Bassi che l’Italia del Football si mette in mostra per la prima volta, dopo aver eliminato la Francia agli ottavi di finale e i più quotati spagnoli ai quarti; in semifinale veniamo battuti dai fortissimi Uruguaiani che conquisteranno l’oro in finale battendo l’Argentina per 2 a 1. Le due squadre si incontrarono nuovamente in finale ai primi Mondiali di Calcio in Uruguay il 30 Luglio 1930 ed anche questa volta ad imporsi furono i padroni di casa per 4 a 2. Nonostante ciò, conquistiamo la medaglia di bronzo battendo l’Egitto 11 a 1 il pomeriggio del 9 Giugno. Da notare che alle Olimpiadi partecipavano le Prime Squadre, come se fosse un altro Mundial, a differenza di oggi dove si schiera la Formazione Olimpica. 

Dalla Fortitudo al trionfo olimpico, esaltanti stagioni in giallorosso e con la nazionale, fama, ricchezza, belle donne e macchine costose: gli “Anni Ruggenti” travolgono anche il nostro Attilio

La sua famosa frase: “Se avessi ancora i soldi persi a Poker, ai cavalli e ai cani, ma sai quanti soldi mi rigiocherei ancora?” racchiude la parabola discendente del nostro campione. Gli ultimi 2 anni sono da dimenticare, si allena poco, litiga con gli allenatori e nel 1934, dopo numerose “panchine”, viene messo fuori rosa a soli 30 anni. Sembrava che la sua carriera fosse finita, comprò un bar a Via Colo di Rienzo passandovi le giornate a giocare al biliardo, a bere e a fumare centinaia di sigarette. 

Ritenuto da tutti un ex calciatore, meno che dal C.T. della Nazionale, Vittorio Pozzo, che, un bel giorno di Febbraio del 1934, irruppe personalmente nel suo bar (immaginatevi la faccia di Attilio) facendogli una proposta irrinunciabile: “Se lei si rimette in forma io la convoco per i Mondiali di quest’anno”. 

Proprio qui comincia la seconda vita calcistica del nostro capitano che dopo quattro mesi di faticoso allenamento si presenta al ritiro calcistico della Nazionale sul Lago Maggiore in perfette condizioni, aveva perso 8 chili e non fumava più. E fu così che “il Ragazzo di Borgo” trascinò gli Azzurri nella vittoria ai quarti di finale contro la Spagna, del portierone Zamora, con una prestazione superlativa.  

Titolare inamovibile fino all’ultimo, alzò al cielo la Coppa Rimet dopo la finale vinta 2 a 1 al 95°minuto il 10 Giugno, ad una temperatura di 40°C, contro i Cecoslovacchi stra-favoriti del Torneo.  

Attilio Ferraris è stato eletto nella Hall of Fame dei migliori 11 giocatori del Mondiale

Anche la sua ultima gara in Azzurro è da leggenda: “La Battaglia di Highbury” il 14 Novembre 1934. La Nazionale di Calcio Inglese, che non partecipava alle competizioni internazionali, compresi i mondiali di calcio, per la presunta (solo da loro) superiorità sulle altre squadre, invita la Nazionale Italiana campione del mondo in carica per stabilire a chi spettasse la Supremazia Mondiale.  

La partita si disputa a Londra nello stadio Highbury difronte a 57.000 spettatori. Gli inglesi partono subito fortissimo, sbagliano un rigore e a metà del primo tempo l’Italia si ritrova a giocare in 10 uomini per l’infortunio del mediano Cerasuoli. Alla fine del primo tempo gli Azzurri sono in svantaggio per 3 a 0.  

Tutto compromesso, o forse no?  

Durante l’intervallo, il capitano azzurro Ferraris IV fece recitare alla squadra il suo famoso grido di battaglia “chi s’astiene dalla lotta è un gran fijo de na mignotta”. Così nella ripresa, in inferiorità numerica, gli italiani si battono come leoni sotto una pioggia scrosciante e trovano il gol al 58° e al 62° grazie a Giuseppe Meazza, che colpirà anche una traversa allo scadere, e ad una prova superlativa di Tilio, baluardo e cervello di centrocampo. Uscimmo sconfitti ma a testa alta tra gli applausi degli increduli inglesi e ci chiamarono I LEONI DI HIGHBURY

Dopo i trionfi mondiali, la Roma decide di cedere Attilio alla Lazio per la ghiotta cifra di 150.000 lire, dopo 2 stagioni e 38 presenze con i biancocelesti viene venduto al Bari, per poi tornare in giallorosso per chiudere la carriera nel 1938.  

Come il primo presidente Italo Foschi, il primo capitano della A.S. Roma morirà su un campo di calcio, stroncato da un attacco cardiaco l’8 Maggio 1947, a Montecatini, durante una partita tra vecchie glorie a soli 43 anni. Sulla sua tomba al cimitero del Verano è scritto: Attilio Ferraris Campione del mondo

Non solo calcio nella sua vita ma anche cinema. Ferraris IV è stato protagonista interprete di sé stesso nel film “5 a 0” diretto dal grande Mario Bonnard (maestro di Alberto Sordi) nel 1932. Pellicola ispirata alla partita di calcio Roma-Juventus disputata a Campo Testaccio il 15 Marzo 1931, vinta dai giallorossi per 5 a 0. Nel cast figurano anche Fulvio Bernardini, Rodolfo Volk, Arturo Chini, Cesare Augusto Fasanelli e Guido Masetti. Il film, ritenuto per molto tempo scomparso, è stato ritrovato nel 2002 in versione francese e restaurato grazie all’interessamento del Ministero della Cultura Francese. Di più facile reperimento è il film del 1990: “Il colore della vittoria” che narra le vicende del Mondiale di Calcio 1934 in cui Ferraris è interpretato da Claudio Amendola.